mercoledì 29 novembre 2006

Piossasco 2006

Antiche come le Montagne 2006
le poesie premiate:


POESIA INSIEME
Categoria principale


Due città
questa Torino
quella Palermo


Splendida Torino a mezzo ottobre
sotto le carezzevoli fronde dei platani
aperte
a trasparenze solari
e sfumate di giallo in corso Vittorio
tra vetrine e striscioni
o mentre muovo i passi
su rossicce foglie e castagne d'altri viali
attenta a non pestare
la lucentezza marrone
o le punte molli
dei ricci

Altrove
splendida sotto il sole d'ottobre
con qualche grado di calore in più
vive Palermo

le sue giornate roventi
le bufere e le riscosse

svetta
sotto un cielo terso d'autunno
la quadriga
e luccica il dorso dei cavalli
sul Politeama

la piazza tra le palme
tiene unita a dire NO
contro l'ingiustizia e gli errori
una folla
di miei concittadini
sconosciuti

forse c'è in mezzo un amico lontano
perso nel tempo

Io passeggio a Torino
con due città nel cuore

Enrica Di Giorgi Lombardo
Torino
1° classificata assoluta "Poesia insieme"
e Premio alla Memoria




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Arriverò tardi

Arriverò tardi
anche nel giorno
della mia morte.

"I passeggeri in attesa
sulla banchina numero tre
saranno chiamati uno alla volta".

Mentre l'ultima persona salirà,
il mozzo si sarà voltato
a controllare che nessuno
sia rimasto a terra:
io sarò al chiosco dei supplì caldi
con la mozzarella filante.

Incredibile
giocarsi l'eternità
per una polpetta di riso fritta.

Nicoletta La Terza
Latina
2° classificata





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Sargassi

Liquida insidia, il nero che incombe:
anche la luna che offrì diafana luce
è uno scampolo scuro di velluto
mentre vai nel mezzo dei sargassi
senza che mano regga più il timone.

Tempo di chiudere tempo di concludere:
le ventose mappe del viaggio esaltanti
di seduzioni furono -chi lo sa quando-
gettate per completare l'avventura.

Sia la pazienza a rendere d'avorio
il tuo volto -respiro rattenuto-
e recingi la fronte di saggezza
(lo sai che diventi saggio dopo morto
nella memoria ammaliata di chi resta
perché la morte -facile sirena-
dispensa generosa sortilegi?)

Frange l'acqua insidie e continenti
senza più nome - dove lievi ossa
fluiscono in forma d'alga: luogo-non-luogo
che annulla ogni scintilla
ogni orizzonte artificiale
-dove si chiude anche la fatica
di apparire tenaci e stupire
di inventarsi -fingersi- migliori.

Fryda Rota
Borgovercelli VC
3° classificata



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Alcuni

Alcuni, come me, si immergono
nelle virgole della periferia
ascoltano il grido del tuono
incrociato con buchi sul tetto
e pioggia nel catino pediluvio.
Cosa c'è nell'angolo del comodino?
Un foglio siglato INPS,
a scadenza mensile, sempre una tantum.
Dicono, che sono funambolo
di vita, gettata con due zeri VO,
come occhi di gatto postale.
Per questo sussidio, calzo pantofole
pescate dalle DAME AZZURRE,
quando NATALE, sponsorizza bontà.
(Dimenticate ninos di strada,
fornitori di organi agli HIDALGO,
escludere parìa sdentati nelle vasche
a colorare stoffe per padrone SAHIB)
Siamo tutti infilati nel teatro-finestra TV,
dentro schermo quadrato.
Mentre mangio nei piatti di carta
sgretolo sorsi di rugiada per coniare
enigmi uomo-DIO, appena scandaglio cielo,
tra mimose di stelle e armonie di pianeti.

Armando Giorgi
Genova
4° classificata






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La coscienza dell'uomo
(a tutti i bambini vittime dell'Odio e del Potere)

Vi amo,
bimbi defraudati,
figli dell'umanità
che gli occhi posate,
orfani di ogni lacrima,
sui corpi straziati
di genitori ormai muti:
voi siete la ricchezza della speranza.

Vi amo,
bimbi sconosciuti,
figli dell'umanità
che vagabondi e spauriti
cercate un rifugio
dove nasconder vorreste
le angosce profonde:
voi siete la forza della debolezza.

Vi amo,
bimbi di ogni colore,
figli dell'umanità
che attoniti rimanete
con gli occhi accecati
dal brillio delle bombe
tra atrocità insensate:
voi siete il coraggio del futuro.

Vi abbraccio,
bimbi dai mille volti,
non chiedetemi il perché
il perché della violenza,
il perché di tanto odio,
il perché del vostro dolore
marchio per l'uomo d'infamia:
voi siete la purezza della natura.

Vi abbraccio,
figli dell'umanità,
che protegger ognuno dovrebbe
come piccoli boccioli lucenti
per cullarvi come figli,
per ridarvi la fiducia
ad amare ancor la vita:
voi siete la coscienza dell'uomo.

Vittoria Rolle'
Pianezza TO
5° classificata pari merito






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Date tempo al tempo

Si burlano di me, per via del mio mestiere:
fiòcine io vendo, fiòcine nel Sahara.
Quando scendo giù al bazaar li dovreste vedere:
son tutti lì a guardarmi come fossi una bestia rara.

Ma un bel giorno le dune alzeranno la coda
e quest'oasi andrà in pezzi come una vecchia barca,
e la moschea rimpiangerà di non esser un'arca
e allora finalmente, tutta la gente, capirà.

Comprate le mie fiòcine, siete ancora in tempo
Comprate le mie fiòcine e date tempo al tempo.

Si burlano di me, per via del mio mestiere:
ventagli io esporto; in Artide, ventagli.
Quando esco dall'igloo li dovreste vedere:
ridono a crepapelle, credono che mi sbagli.

Ma un bel giorno i vulcani cesseranno di ronfare,
gli icebergs friggeranno come pesci in padella
e il Circolo Polare sarà più caldo di una ciambella;
e addirittura il tuono, dal calore, suderà.

Comprate i miei ventagli, siete ancora in tempo
Comprate i miei ventagli e date tempo al tempo.

Maurizio Nada
Torino
5° classificata pari merito


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PROGETTO PRIMAVERA
Poesia giovane under 15



Il mio albergo

Per quanto tempo ho pensato di potermi illudere.
Ogni giorno,
una bugia.
Persone che entrano ed escono.
La mia vita non è una stanza!
Non è un luogo di passaggio!
Vagano indisturbati.
Gente.
Amori.
Amici.
Sconosciuti.
Ma cosa vogliono da me?
Entrano,
frugano in ogni angolo della mia vita.
Incuranti della mia esistenza.
Lasciano tracce indelebili.
Aprono ferite incurabili.
Qualcuno reca con se un dono.
Altri non si accorgono nemmeno di avermi invaso.
Chiudono la porta dietro di loro,
senza uno sguardo, senza un pensiero.
C'è poi chi sbatte l'uscio amareggiato,
lasciandomi lì,
in mezzo al nulla,
a piangere disperata.
Io rimango a fissare gli avvenimenti.
Incredula.
Impotente.

Forse la mia vita non è una stanza.
Neanche un luogo di passaggio.
No.
La mia vita è
un albergo.
Tutti hanno le chiavi.
Nessuno resta.
Qualcuno fa danni.
Nessuno paga.
Avanti venite nel mio albergo.
E' gratis.
Pago tutto io...

Martina Merletti
Torino
1° classificata assoluta "Progetto Primavera"




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L'ignudo fiammifero

Osservo.
Osservo la fiamma degli inferi
attraversare l'ignudo fiammifero
consumandolo a poco a poco
fibra per fibra,
ogni singolo filamento legnoso
si degrada e ne lascia
intravedere l'ardore...
Ne avverto l'odore di bruciato
che inebria il mio pianto
e inondandomi di fervore
mi offre un dolce
sentire di dolore...

Tacendo
odo nel silenzio
le urla assordanti e frastornanti
scaturire dal buio
della mia anima oscura e malsana.

Brucio.
E intanto mi servo di ossigeno.

Maria Laura D'Oria
Torino
2° classificata




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Fresca mattinata

II giorno albeggia
tra nuvole d'argento
in mezzo a cui veleggia
questo grande avvenimento

il sole s'innalza
come per svegliare
con la sua lenta danza
chi resta nel sognare

e la strada si colma
di gente assonnata
nella totale calma
di una fresca mattinata.

Loris Pereno
Piossasco TO
3° classificata pari merito




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Intreccio di anime vuote

Intreccio di
anime vuote ed
unite, trovasti mai
una vera patria?
La stoltezza, la devastazione,
le falsità; tutto ciò
che serve per vivere.
Tremante anima sperduta,
quando sentisti il tuo
cuore scaldarsi?
Le membra avvertono il
tuo dolore.
Un mare si richiude su te stesso.

Andrea Pastorino
Torino
3° classificata pari merito





PREMI SPECIALI

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Utopìas

Morirìa...
Si en lo ràpido y veloz del devenir
Me viera sola
Morirìa.
Morirìa...
Si en el juego de creer en lo inmortal
Muriera un dìa.
Morirìa...
Si creyera que no tengo por hacer
Con màs pasión y alegrìa.
Morirìa...
Si supiera que esperar lo que se espera
Es sólo un juego
Y no utopìa.
Utopìa...
De creer en los camino elegidos
!cuànta utopia!!
El vital descubrimiento de poder.
!Tu cercanìa!...
El sembrar con la llovizna del ayer
En la sequìa.
!Las utopìas!!!
Sin utopìas
Ya no podrìa amanecer
Ni amar la vida.
Sin utopìas
Ya no podrìa valorar
Cada caìda.
!Sin utopìas!!!
Sin utopìas
Sólo valdrìa el esperar
Morir manana
O dentro un rato
O nunca o siempre
A cada instante...
Es respirar y no latir.
Es no existir
Sin utopìas.

Ana Rosa Veilati
Cordoba (Argentina)
Antiche come le Montagne 2006
Premio Speciale della Giuria



[traduzione italiana]

UTOPIE

Morirei...
Se nel rapido e veloce giorno che viene
Mi vedessi sola
Morirei.
Morirei...
Se nel gioco di credere nell'immortale
Un giorno morissi.
Morirei...
Se credessi che niente possa fare
Con più passione ed allegria.
Morirei...
Se sapessi che sperare ciò che si spera
E' solo un gioco
E non utopia.
Utopia...
Di credere nei percorsi intrapresi
Quanta utopia!
La scoperta vitale di poter fare.
La tua presenza!...
E' seminare con la pioggia caduta
in tempo di siccità.
Le utopie!
Senza utopie non potrei nascere
ne' amare la vita.
Senza utopie
Non potrei più dare un senso
Ad alcuna caduta.
Senza Utopie!
Senza utopie
Varrebbe soltanto sperare
Di morire domani
O all'improvviso
O mai o sempre
In ogni istante...
E' respirare e non palpitare
E' non esistere
Senza utopie.

[traduzione di
Andrea Necciai e Bruno Spesso]





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AURORA ED IL SUO MONDO

Era la prima volta che Aurora e sua mamma facevano un viaggio su un aereo, l'emozione era tanta, erano impazienti di salire la scaletta, tutti avevano un posto, i due posti riservati a loro erano quasi al centro dell'aereo. Aurora subito si sedette in quello vicino all'oblò, con la sua Bennj di stoffa in braccio; Aurora aveva poco più di quattro anni, era sveglia e con una lingua da lasciare stupiti, il visino dolce ma duro come sapeva fare allorché voleva qualcosa, sguardo ficcante, occhi azzurri. Appena seduta, subito il suo sguardo si rivolse all'esterno. Ad un certo punto una voce suadente e sicura: si prega di allacciare le cinture di sicurezza, non fumare e spegnere il cellulare. Lei non capì ed allora una gentile hostess passò ed allacciò la cintura di Aurora ed in cambio ricevette una dura occhiata. L'aereo si mosse e poco dopo si alzò ed allora le cose si vedevano sempre più piccole. Aurora non staccava lo sguardo dall'oblò anche quando l'aereo passava in mezzo alle nuvole e non si vedeva più il cielo, anzi l'aereo sembrava si riposasse su quel letto bianco e soffice e lei sembrava che sorridesse e parlava con la sua Bennj. All'improvviso, sempre quella voce suadente, al centro dell'aereo, molto vicino a loro, le invitava a prendere una bevanda calda o fredda. Aurora si girò di scatto e la bimba cadde e rivolta alla mamma:
E' tutta colpa tua, Bennj si è fatta male. Stai zitta, non fare la sciocchina, rispose la mamma. Tu mi hai distratto dal mio film, lo sai?, dentro quella nuvola vi erano tanti angeli che mi parlavano ed ora sono andati via, ribattè Aurora. Ma sei proprio sicura che in quelle nuvole vi erano tanti angeli tutti per te, chiese la signorina con la sua voce suadente. Si erano proprio angeli, disse con voce un poco stizzita Aurora, anche se voi non li avete visti, perché erano solo per me e Bennj. Le dia un pacchetto di patatine, così per un pò sta zitta, riprese la mamma. Allora Aurora si atteggiò a persona seria e disse alla mamma: Io ti voglio tanto bene e mi devi sopportare come sono. La mamma ,a quelle parole, non seppe rispondere, se la strinse a se con forza ed Aurora non voleva più staccarsi. Una grossa nuvola la riportò a guardare con la sua Bennj dal finestrino. Ad un ennesimo scricchiolìo, più forte del solito, la bambina guardò la mamma che aveva le mani sul viso. Mamma cosa hai? chiese Aurora. La mamma non rispose e strinse a sé la bambina. Non aver paura, mamma, disse Aurora, i miei angeli tengono l'aereo e non lo lasciano cadere. La mamma la strinse più forte. Subito si sentì quella voce suadente e sicura:siamo per atterrare, allacciare le cinture, non fumare, grazie. Aurora non si distaccò dalla mamma, allora l'hostess si chinò verso di lei e le allacciò la cintura. Dopo poco l'aereo toccò terra. Tutti scesero per risalire sul pullman. Aurora si voltò verso l'aereo e vide una figura allontanarsi e la salutò; vedi mamma, il mio angelo va via. La mamma si voltò e non vide nessuno. Accarezzò Aurora.

Giovanni Cianchetti
Grugliasco TO
Antiche come le Montagne 2006
Premio Speciale della Giuria






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L'ARMONIA

L'armonia è naturale nell'ordine spirituale dei colori di un cuore
che si apre alla vita, che si apre ad un altro cuore, che si apre...
Come un soffio è la bellezza, l'estetica si può studiare,
cambiare a secondo del sentimento che vive in balia
delle emozioni nel tempo, confuse dalla materia; l'armonia non ha la materia
ma evanescente si ricopre del tuo sorriso maturato da un pensiero trattenuto,
una paura affrontata, una scoperta visualizzata.
L'armonia è silenziosa e vibrante come il suono finale di un insieme
di note entrate nell'anima, non le puoi applaudire, incantato ne vivi la pace e
l'euforia in un solido equilibrio... L'ARMONIA.
L'ARMONIA non si tocca; non possiamo, non dobbiamo, non sappiamo
toccarla, possiamo sfiorarla ispirando poca aria ed emettendo
un lungo respiro. L'ARMONIA ha una vita breve in un cuore isolato,
paura che espressioni d'amore tanto belle non si possano
vivere che nei sogni o nell'aldilà alla presenza completa di Dio.
Ma se nel tuo cuore fiorisce la vita aiutami a credere
che il buio, l'assenza di colore, dura un attimo e se mi guardi le mie lacrime
puoi assorbire, bere, asciugare fino a ritornare a cantare L'ARMONIA.

Associazione Artistica
Voglia di... Favola

Torino



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domenica 5 novembre 2006

Premiazione Piossasco 2006


"Antiche come le Montagne" ed.2006


La quindicesima edizione del concorso internazionale di poesia e sensazioni
“ANTICHE COME LE MONTAGNE”
ha avuto il suo epilogo nel pomeriggio di Sabato 4 Novembre 2006 nell’incantevole cornice del Castello Feudale Ristorante “ AI NOVE MERLI” in Piossasco, alla presenza di un pubblico numeroso ed entusiasta, di autorità locali e di rappresentanti della carta stampata.

Questa la composizione delle tre Giurie ufficiali del premio:

1) PER “POESIA INSIEME”
Presidente: BARBERI SQUAROTTI GIORGIO
DE LUCA LIANA –GIRAUDO LILIANA- MARCHISIO EZIO—MASETTA LORENZO - RUFFINATTO ALDO -VALERA GRUBER GABRIELLA.

2) PER “ PROGETTO PRIMAVERA E PRIMAVERA 15”
Presidente: MARTINATTO GIANFRANCO
BECHIS GIULIA—CORTESE LORENZO—GARAVELLI MARIA VITORIA—PORTA RITA.

3) PER” IMMAGINI E RICORDI”
Presidente: BONINO PIERO
BRUNELLO FABIANO- CRUSCA DARIO- FORIGO DAVIDE- GIORDANO FERRUCCIO.

La vincitrice assoluta e “ Premio alla memoria” della quindicesima edizione di ANTICHE COME LE MONTAGNE è risultata Di Giorgi Lombardo Enrica con il componimento “ DUE CITTA”.
Seconda classificata : La Terza Nicoletta di Latina con la poesia “ARRIVERO’ TARDI” .
Terza classificata : Rota Fryda di Borgovercelli con “ SARGASSI ”.
Quarto classificato: Giorgi Armando di Genova con:” ALCUNI”.
Al quinto posto pari merito: Nada Maurizio di Torino con: “ DATE TEMPO AL TEMPO” e Rollé Vittoria di Pianezza con “LA COSCIENZA DELL’UOMO”.
Sono stati inoltre assegnati due premi speciali della giuria a: Cianchetti Giovanni di Grugliasco e Ana Rosa Veilati di Monte Maiz (Argentina).

Ecco i premiati della sezione “ PROGETTO PRIMAVERA e PRIMAVERA 15”,
Primo classificato: Merletti Martina di Torino che ha composto ”IL MIO ALBERGO”.
Seconda classificata: D’Oria Maria Laura di Torino con la poesia: ” L’IGNUDO FIAMMIFERO”.
Terzi classificati pari merito: Pereno Loris di Piossasco con ” FRESCA MATTINATA”e Pastorino Andrea di Torino con “ INTRECCIO DI ANIME VUOTE”.

Per la sezione “IMMAGINI E RICORDI” (FOTOGRAFIA),
il 1° premio e’ stato assegnato a Carena Sergio di Pinerolo con “L’INVERNO DELL’UOMO”
Al secondo posto: Petrini Chiara di Torino con: “I GIORNI DELL’AUTUNNO”.
Terza classificata Guardina Elena di Piossasco con “ C’E’ L’ETA’ PER SOGNARE”.
Anche quest’anno il pubblico presente in sala ha scelto la fotografia preferita, che si è aggiudicata l’ormai consolidato premio del “PUBBLICO”. Vincitore è risultato Carena Sergio con la fotografia…C’ERA UNA VOLTA L’AUTUNNO .

Come sempre i vincitori vedranno i propri componimenti pubblicati su internet e avranno occasione di porre a dimora nel parco del Castello feudale una pianta di Corbezzolo , che ricorderà la loro presenza a Piossasco.

Gli Amici della Poesia ringraziano di cuore quanti li seguono con sincera devozione in questa iniziativa: Assessorato alla Cultura della città di Piossasco, L’A.T. Pro Loco Piossasco, Città gemella di CRAN GEVRIER, Castello Feudale Ristorante “ AI NOVE MERLI”, Prof. Francesco Maiolo, Bed and Breakfast L’Azalea, Giurie del premio e solleciti cronisti. Le novità per l’edizione 2007 del concorso saranno: lo sdoppiamento in due sezioni di poesia e narrativa e l’inserimento di una sezione a invito, che si chiamerà” I NOSTRI AMICI PITTORI” (rappresentazione su tela delle poesie vincitrici nell’anno precedente) 

A presto!
Il Gruppo AdP

lunedì 16 ottobre 2006

Dal Forum


Poesie di...
Daniela Moreschini (AKA Ave53)


FINE DI UN'ESTATE

S'allungano di luce soffusa
le ombre del tramonto.
Veloce sparisce il giorno
e calano le tenebre della notte!
Svaniscono i ricordi
di un'estate ormai finita...
come la gioventù
presto svanita!





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BREZZA DI MARE


Salata brezza di mare sulle labbra
mentre al tramonto
i corpi ancora uniti
sulla calda sabbia,
lambiti dalle fredde acque,
si lasciano baciare
dagli ultimi raggi di sole
di un giorno che sta morendo!


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COGLI L'ATTIMO

Una carezza non data
è una carezza perduta
nel tempo che non ritorna.

Una parola non detta
al momento giusto
è una parola persa nel vento.

Un bacio negato
è un bacio che vola via veloce
come farfalla sui fiori
in un giardino a primavera!

Cogli allor quell'attimo,
senza lasciarlo al tempo...
Dona la carezza e il bacio
quando il cuor lo sente...
e nel domani non ci sarà
alcun rimpianto!



  Daniela Moreschini
AKA Ave53

lunedì 2 ottobre 2006

In ricordo


Poesie di...
Marinella Dabove



VECCHI

Accoccolati sull’uscio, con il mento
appoggiato al bastone, la paletta
per scacciare le mosche nella mano,
contemplano il fluire, dinanzi a sé,
di un mondo nuovo, che non riconoscono.
Chissà che cosa pensano
di questo grappolo di egoismi affrettati,
loro,
che hanno lasciato
schiene curve sui campi,
sudore e fatica
su per le rocche scoscese,
fervori di donne nelle chiese,
orgoglio di razza
sotto il Castelluccio,
vita, passione, sangue
sulle pietraie, nei valloni profondi,
in pineta,
alterigia di nobiltà decaduta
nei castelli dimessi,
scaltrezza montanara
nei baratti,
generosità di cuori
in dure scorze,
e l’anima…
dappertutto.

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VIA DEL MULINO

Questa strada
che s’inerpica
tra muri di pietra
e antiche case
abbracciate tra loro,
fra strappi di verde
aperti
su giardini fioriti
e tetti caliginosi,
nasce dal profondo
ai piedi della vecchia ruota,
si snoda pigramente
nel silenzio
spezzato a tratti
dal pianto di un violino
o da una festosa fisarmonica,
ti accompagna piano piano
mentre percorri
quei ciottoli
un tempo polverosi,
ora lucido asfalto,
serpeggia,
guizza,
ti spinge su
fino a quel pezzetto di azzurro
sospeso nei secoli
cuore del mondo.

Cammini
e ad uno ad uno afferri
ricordi fuggenti,
voci e volti trascorsi,
affacciati tra le pietre,
rapidi.

La festa di San Rocco
intorno al fuoco acceso,
musica, canti,
allegria di amici.

Ma ogni giorno
qualcosa muore,
sulla piazzetta ora
tante finestre chiuse.
San Rocco è solo.

Il violino tace.
Malinconia nell’aria,
inesorabile il tempo
uccide anche i ricordi.
Sola, laggiù, la ruota continua a girare,
e finché gira
è viva.



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DOVE VAI?

Ha steso il suo drappo suoi tuoi occhi
sui tuoi capelli
la signora in nero che già prese
anzitempo
papà.
Camminare con te, insieme
lungo i sentieri tòrti della vita
era la mia forza.
Il tuo respiro sommesso, fievole
come le braci smorte
assopite nell’aria che s’imbruna
di questa sera d’autunno incombente,
si è spento con te.
- Dove vai? –
Le tue ultima parole.
Ma io
non so più andare in nessun posto
senza di te,
mamma.




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SILENZIO

C’è un gran silenzio alla Riviera.
Un silenzio che chiude i cuori
e le case
e stringe in un abbraccio
di dolore e di pianto
chi si ferma a pensare.

Scanditi come rintocchi
di campane nel vuoto
i nostri pensieri
e i ricordi
come fiocchi di neve bianca nel grigio.
Colori di tristezza.

Una vita si è chiusa.

Una vita e la sua storia.

C’è un gran silenzio alla Riviera.


Marinella Dabove,
r.i.p.

domenica 27 agosto 2006

Pamparato 2006


Pamparato 2006

Poesie premiate



AZZURRO URAGANO

Sulla fredda battigia, ha perso il suo diario di bordo una seppia vestita di morte.
Negli occhi, pianto di cielo battente sull’ira, oscura, del mare
e intanto di vertigini abissi ov’è, orrendo, l’agguato silente del kraken (1)
E l’urlo d’avvinti nocchieri, col tepido sangue, s’intreccia.
Diluvio di granchi, storditi dal colpo dell’onda,
avvolge il mio tacito andare con drappi di alghe e di sale.
E’ di sale anche l’urlo, bruciante, dal vento
Che nel cuore dolente, sgomento, trabocca
Un salmodiare di fioche campane.
Camminare, oggi, costa fatica, sulla renna ripresa dell’aspra risacca,
e l’Eterno respira, palpabile Vita, nella sfuma infernale.
Sul flutto che cade e risorge, all’altalena sconvolta del mare,
alabastro di radi gabbiani, inseguiti dal brontolio del tuono, incrocia
le rotte più arcane e sommesse del nostro pregare.
Nel baratro dell’anima stanca è violento mugghiare
Il cigolio, sottile, del tempo che messale dei giorni scompiglia.
Fra tremule reti e fanghiglia – Matteo innocente – con agile mano
ruba spruzzi e conchiglie all’azzurro uragano.
Tappeti di madida sabbia e ansiose file di barche in burrasca.
Il ventre dell’umile seppia è un candore lontano.

(1) kraken = Gigantesca piovra che, secondo la leggenda, riesce con i suoi tentacoli a strappare i marinai dalle navi.


Giovanni GALLI
Primo Classificato Assoluto
Una Poesia per Pamparato ed. 2006




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SICUMERE

Assordante bazar
di ciarpami colorati,
stipato
da insulsa gente.
S’intrecciano
alla crocevia delle illusioni
gli inutili pensieri.
Pagine morte
riportano
diagrammi
di tristi inganni.
Cuori stanchi
pulsano
in aritmie
di inverecondi desideri.
Scorrono
visioni diafane
di ombre fugaci;
mentre onde di colore
s’infrangono su scogliere d’indifferenza.
Tacciono
le effemeridi interpellate

Giuseppe PEROSINO
Secondo classificato





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A RIEMPIR DI MANI LE MANI

E adesso ti porterò
sopra colli avvolti da nebbie pittrice,
a conservare la maestra di caligine
che tesse vapore nei raggi senz’ombra
pianti di uomini che non sanno dissolverla.

E adesso ti porterò
dove si può respirare seta
e le figure si lasciano sedurre
come lievi danzatrici di fumo, leggere,
simili a dita intendete nell’olio
che scorrono veloci su vetro,
senza una strada da scegliere,
libere di vagare.
E sognare.

E adesso ti porterò
dove la terra bruciata dal sale guarisce e la neve s’appoggia garbata,
come un lenzuolo su giovani spalle
che il fresco gentile indossa
e via via si scioglie
in un abbraccio bianco d’aprile.

E adesso ti porterò
ad ascoltare canti distanti
tra le luci e colline, sfumate, sopite, zittite d’incanto
quando saremo ad afferrarci su prati tremanti.

E noi,
tra stinti profili di valli
e bagliori di cristallo che perdono e oscillano
aggrappati a nuvole finte.
Lontani.

A riempir di mani le mani.

Massimiliano ZULLI
Terzo classificato





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Andare via

Andare via
senz’aver detto tutto,
senza spiegare in qualche modo
il filo indivisibile
dei giorni
che non fermano il domani.
Voltare soltanto pagina,
scansare, con noncuranza,
l’assedio della parola
scabra e veemente
in fondo al rigo,
frastornare, per finta,
il buio senza contrasti
che prende in pegno
con delicato strazio.
Accatastare desideri
inconclusi,
filtrare ricordi
arrivati all’acme,
consumare rimorsi
aggrovigliati sottopelle.
Spartire i silenzi
e gli sguardi e il dolore
nel rimpianto vuoto
degli occhi.

Bruno LAZZEROTTI
Segnalazione per merito






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Spia

Pochi lampi
dai tuoi occhi.
E io attendo.
Dimmi:
Vattene. Ti amo.
Ti odio. Resta.
Mi piaci. Però.

Avverto
silenzio.
Ti hanno
saccheggiato di miele,
lo so.

Non so riscattarlo
se non rischi,
se non sposti
il re o la regina
dalla scacchiera
inchiodata.

Fiorella BAUDENA
Segnalazione per merito




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ACROSTICO

Pamparato terra svenduta, Pamparato
terra lontana, Pamparato terra da farina nera
Pamparato terra sfiorata dall’Occitania la nazione
che non c’è.
Amata Pamparato, dalle trattorie dell’assurdo
dove trovi al tempo fumanti polente e spuria
frugalità
Montagne di Pamparato che vogliono essere nevose e
sportive, sono invece solo montagne belle, da vedere :
non taroccatele di impianti.
Patate violacee, patate di Pamparato, colori che
spiazzano e intrigano, accecano e divertono.
Amare la farina di melega, vera, docile e duttile:
biscotti e torte, sapori veri, pieni.
Ritornar bambini a Pamparato, giocando e correndo
tra ripide stradine con fiato grosso su scalini verso
il cielo
Amare il legno e l’intaglio, cesello lontano
di mestieri sopiti.
Trovare il silenzio a Pamparato. un silenzio diverso
il silenzio vero, un silenzio rotto dai passi di un gatto
che salta veloce su comignoli che fumano.
Ottemperare ad un codice non scritto: da Pamparato non si
passa, ci si deve arrivare, ma in punta di piedi per non
disturbare il silenzio.

Attilio SCOTTI
Segnalazione per merito








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Certamen di Poesia,
Pamparato 2006



POESIA N. 1
ANCORA

Lasciami
sprofondare ancora
nella dolce follia
del tuo sorriso da squalo
che qualche volta sorprendo
su volti sconosciuti
mentre il tempo cancella
la luce ormai remota dei tuoi occhi
e il suono segreto della tua voce.

FREDA MARIA



___________________________________
POESIA N. 2
A MIO PADRE

Dolore
smarrimento
pensieri bui
sconforto
confusione

il pensiero che corre sulle ali dei ricordi
il ricordo che riaccende una luce
luce che rischiara la speranza
speranza del giorno che ci rivedremo
consapevolezza che ora non sei più
ma un dì saremo ancora.

ANSALDI PATRIZIO



___________________________________
POESIA N. 3
GIOCO
(Maddy e Meme)

Soffiavi vita
tra dita scivolose…
gocce impalpabili,
arcobaleni trasparenti,
diventavano grandi,
si dilatavano,
inconsistenti.
Io ridevo:
due bambine.

Sapevamo che
i sogni
possono crescere
fino a lacerarsi
senza portar dolore.

BAUDENA FIORELLA




____________________________________
POESIA N. 4
SOTTO IL CIELO INCERTO

Il segreto dello sguardo umano
è racchiuso nelle Tue mani,
preziose armi ignare
del mistero di queste anime,
immerse e legate immortali
nelle emozioni di sempre,
sotto questo cielo incerto,
in questo avido presente,

nelle rughe imperfette del Destino.

BELLONE SIMONA




_____________________________________
POESIA N. 5
SENTIMENTI

Caldi perché veri,
di un peso che brucia
in un corpo freddo.
Perdono il senno
così sono e devono,
loro reali vincitori
tutti di loro pauriti.
Un fuoco dentro
dall’alluce al cranio,
vampano calori e colori,
un attimo per ore
che scoccano lente,
veloci nel tempo vissuto.
Muoiono col calore, masse,
corpi verso il senso….
Veri, tangibili e caldi,
così sono, così devono,
ove lo stoico rifiuta,
ove psiche si scioglie,
toccati da caldi sfiorii,
è l’irragionevole scintilla
per l’uomo che prova,
in un incendio del se,
conducono l’Ulisse,
da Laerte ad Itaca
a bagnare il fuoco loro
in fiumi di lacrime
che liberano le fiamme d’anime!

MEISTRO GIOVANNI




_______________________________________
POESIA N. 6
MATITA

Una matita
un segno, un sogno, un’idea.
Matita, piccola maga,
in cui ogni piccolo,
formidabile gioco si trasforma.
Matita,
custode di tanti segreti
ecco…rallegri d’incanto
il foglio bianco,
bianco come la vita
ancora tutta da scrivere;
come la vita di un bambino!
Scrivi!
Disegna solo gioia
per quel bimbo
che piano diventa grande.
Amica, scrivi cose gradite
a cuore di bimbo.
Scrivi!

BERTAINA SERENA,
II PREMIO




________________________________________
POESIA N. 7
PENSIERI SPARSI

Osservare
il volo di una rondine
e sperare
riporti la primavera.
Specchiarsi
negli occhi di un bimbo
che rincorre felice
l’aquilone della fantasia
e sognare
oasi di pace.
Scrutare
il volto di un vecchio
solcato
dalle rughe del tempo
e ricordare
memorie passate.
Cogliere
una rosa scarlatta
tra spini pungenti
e donarla
in un gesto d’amore.
Sedersi
sulla cima di un monte
e affidare al vento
desideri nascosti.
Estasiarsi
davanti
ad un tramonto infuocato
ed invocare
una dolce sera.

PEROSINO GIUSEPPE




__________________________________________
POESIA N. 8
INTROSPEZIONI

Sogni tarpati, progetti abbandonati dietro le sbarre
prigionieri di un minimalismo impantanato nella banalità.
Introspezioni severe tra i sentieri dell’io insonne,
fino alle viscere annodate da scrupoli ingenui
che s’emozionano ancora all’accenno d’un sorriso.
Cerco un barlume evaso dal buio
che risvegli i leoni che mi dormono dentro;
responsi tremendi come pugnali inghiottiti
che squarciano equilibri precari, ormai compromessi.
E voi sciamani confusi nella nebbia; quando v’incontrerò?
Sara domani? Forse. Entro i limiti della sera,
nei dorati contorni d’un tramonto infuocato.
Io, guaritore delle mie ingiocondità
taumaturgo d’incertezze cristallizzate nei dogmi,
tra i crismi di verità dissepolte
celate nelle piazze torturate dal sole d’agosto;
una fontana solitaria piange piano
mentre il meriggio dilunga stancamente le sue ombre.
Ma è nell’incanto del nuovo giorno bambino
che la malinconia si scioglie, svanisce
come bruma notturna che si dissolve al sole del mattino.

PIZZUTO GAETANO





____________________________________________
POESIA N. 9
RICORDI

Ricordo una rigida
sera invernale
mi trovavo
al dolce tepore
nella stalla a vegliare.
Ad un tratto udimmo
il cane abbaiare
ed alla porta bussare.
Era il signor Podestà
che veniva a chiedere
un grande favore a papà.
Al comando nazista
si dovevano recare
per implorare il rilascio
degli ostaggi
che si trovavan gelidi
su un balcone
destinati ad essere fucilati.
Il paese dovevano incendiare
per vendicare due nazisti
che non si riuscivano a trovare.
Con calesse e cavallo
partirono armati
di buona volontà e coraggio
a lor rischio concordare
le due nemiche estremità.
L’esito fu appagato
con il rilascio degli ostaggi
e tutto il paese risparmiato.
Eri valoroso e grande, grande papà.

PRATO CATERINA





_____________________________________________
POESIA N. 10
STORIE DI EMIGRANTI

La famiglia è riunita
intorno al focolare;
sul povero desco
un tozzo di pane da rosicchiare,
accanto una ciotola di minestra appena tiepida.

Un pianto di bimbo desolato,
le mani del nonno
abbruttite dalla fatica
intente a sgranare il vecchio rosario…
fan da cornice al mesto quadretto.

Un pensiero balena improvviso,
accende la mente del padre,”…partire si deve,
troppe le bocche da sfamare,
è arrivata l’ora di cercar fortuna…”.
Una notte agitata
sogni convulsi,
la decisione…giacca in spalla,
poche monete…si parte per un lungo viaggio,
senza una meta certa.

L’America è lontana, ma si deve partir!

Giorni di desolazione, di pianto,
di coraggio per chi resta in attesa e…
deve lottare sempre di più.
Finalmente una cartolina,
la prima e l’ultima, poi il silenzio sempre più cupo.

I bimbi son cresciuti,
la fatica li ha piegati senza pietà
sotto al giogo di un amaro destino,
la povera donna sempre ha lottato e sperato…
di rivedere un dì l’uomo tanto amato.

Il silenzio l’ha fatto prigioniero,
chissà dove, chissà quando, chissà perché…
la grama vita sui monti per un attimo l’ha fatto sognare…,
ma nel vecchio casolare l’unica certezza
è la tristezza che ha varcato la soglia in quel lontano dì.

CAMAGLIO PIERA






_______________________________________________
POESIA N. 11
NEL MONDO INTORNO A NOI

Imprigionati nel mondo intorno a noi
tra fili di una gabbia senza exit
per ridere di fronte al niente
di gags pubblicitarie
e piangere per una soap senza fine
deglutendo cibi e ipocalorie.
Amaro è naufragar sull’isola, neo-Crosue
video sorvegliati da schiere di voyeurs.
Incontrarsi al centro commerciale,
comprare firme agli outlet,
comunicare i www punto nome punto it.
Protetti dalla privacy eppur spiati,
osservati, catalogati.
In questo mondo che comunque ancora
gira intorno al proprio asse,
oltre la cupola indorata
calligrafata di sintetici messaggi,
c’è qualcosa che somiglia sempre più
a una catastrofe annunciata.
Quanto ci umilia la pazzia dell’animale,
i bambini che mai saranno padri,
il terrore della morte chiuso nella stia,
l’orrore che ha imbrattato
la leggera bellezza del volo
sul sentiero dei ritorni.

MANTISI CRISTINA






_______________________________________________
POESIA N. 12
FLASH

Riposo profondamente.
Il guanciale biancolatte
profuma di sogno.
Improvvisamente il passaggio
sul cuore di una figura:
mio padre
bello, vivo, luminoso.
Scoppio in pianto,
lo afferro e lo bacio.
Sorride ancora,
mi porge la mano e fugge.
È bastato un flash a rendermi felice.

VACCHETTA FLAVIO





_______________________________________________
POESIA N. 13
COLPO DI SPUGNA

Ansie e paure dentro il mio cuore, l’incertezza del domani che sognavo,
che credevo, che speravo felice.

Illuderti che ci sia amore, tendo la mano ma non l’afferri, forte
nell’orgoglio, debole nel cuore.

Mille segreti racchiusi nel tuo cuore, infinito il dolore nell’anima
e nella mente.

Le lacrime rigano il volto, il cuore infranto, il tempo scorre e la mente

vola alle mille promesse mai mantenute, ai finti baci, alle finte carezze,
al finto amore.

Indietro non si torna, bastasse un colpo di spugna per tornare a sognare,
per tornare a sperare, per poter amare.

MAINERO JOLANDA





_______________________________________________
POESIA N. 14
Senza titolo

A volte abbiamo una forza che può assoggettare il mondo
e subito dopo siamo divorati dall’incertezza
di non potere conquistare
di dover rivedere ciò che si è provato a dimenticare
con l’unica certezza di non essere mai in grado di abbandonare.
Appare bella qualsiasi creatura purché non umana
perché lontana dai tormenti della coscienza e dei ricordi.
E se nella natura vediamo racchiudersi la perfetta geometria del bello
nel nostro animo dilaga la consapevolezza del destino
che per il giovane è imprevedibile avvenire
per l’uomo l’unica strada possibile al soddisfacimento del proprio dovere.

MATERNINI LORENZO





_______________________________________________
 POESIA N. 15
QUANDO

Quando sol per volare avrai bisogno d’ali.
Quando per perdonare pretendi delle scuse.
Quando per ringraziare vuoi aver già ricevuto.
Quando per dare agli altri darai sol se t’avanza,

verrà il momento di dimostrar se vali,
e se ti fai domande risponderanno accuse
e mentre ti stai cercando senti d’aver perduto,
lascia che parli il cuore: ti ridarà speranza…

e non aver paura perché c’è ancora tempo,
basta solo aver voglia, la voglia d’imparare…
anche se sarai vecchio potrai donare tanto
avendo ormai capito che basta solo amare…

TARUFFI TINTI GRAZIELLA






________________________________________________
POESIA N. 16
COSI'… SEMPLICEMENTE

Uno sguardo
Un sorriso
Una parola

…e piegherai l’albero
che nasconde il cielo.

VOARINO GIUSEPPE,
III PREMIO





_______________________________________________
 POESIA N. 17
MARINELLA

Ti cercheremo ancora,
seduta e serena
sotto l’abbraccio
di quel tiglio
che mille volte
ha raccolto
i tuoi sorrisi.
Sei scivolata via,
leggera, silenziosa,
discreta
come sempre.
Sentiremo ancora,
Marinella,
il leggero fruscio
della tua voce,
compagno
di mille anni di vita
e di dolci
sere d’estate.
Ti cercheremo ancora,
come se nulla
fosse cambiato,
per sentirti
più vicina di allora,
e più viva che mai.

ODASSO PAOLO,
I PREMIO


sabato 27 maggio 2006

Dal Forum

Poesie di...
Stefano Parenti


Le notti di sale e d'argento


Quelle notti di sale e d’argento
che spiovono sul tuo volto
amareggiato
spolverano ricordi taciturni nel vuoto.

E ti sembra di sentire
Il filo selvaggio dell’anima

la strozzatura delle rondini
ammainate fra i rovi

la voracità delle cicale
che quando se ne vanno
scuciono l’estate.

Ma è tutto un’illusione
a chiave stretta del pensiero.

Forse l’avresti capito
se avessi mai sognato.


______________________

E scorreva fra le unghie
- l’odio-
le vene bagnava
sature di sangue fresco
che a stenti coagulava.

Ma alla ricerca dell’uscita
trovasti un vetro ritratto
dove brindare la testa
-di un grido, il silenzio-.
L’asfalto scorrazzava
sotto i fianchi tagliati
della carreggiata
che la carne lasciava
disarmata.

Presi un tuo brandello
ne feci un alito di vita
insensata.
Nel grembo di chi ti amava
le seppie del ricordo
rivoltavano l’angoscia.


___________________________

Ologramma

Sei un ologramma
di pino
che quando si muove
finge il vento

cosi
quando parli
nascondi le labbra.


Stefano Parenti

Dal Forum


Poesie di...
Stefano Parenti




Le notti di sale e d'argento

Quelle notti di sale e d’argento
che spiovono sul tuo volto
amareggiato
spolverano ricordi taciturni nel vuoto.

E ti sembra di sentire
Il filo selvaggio dell’anima

la strozzatura delle rondini
ammainate fra i rovi

la voracità delle cicale
che quando se ne vanno
scuciono l’estate.

Ma è tutto un’illusione
a chiave stretta del pensiero.

Forse l’avresti capito
se avessi mai sognato.


______________________

E scorreva fra le unghie
- l’odio-
le vene bagnava
sature di sangue fresco
che a stenti coagulava.

Ma alla ricerca dell’uscita
trovasti un vetro ritratto
dove brindare la testa
-di un grido, il silenzio-.
L’asfalto scorrazzava
sotto i fianchi tagliati
della carreggiata
che la carne lasciava
disarmata.

Presi un tuo brandello
ne feci un alito di vita
insensata.
Nel grembo di chi ti amava
le seppie del ricordo
rivoltavano l’angoscia.



___________________________

Ologramma


Sei un ologramma
di pino
che quando si muove
finge il vento

cosi
quando parli
nascondi le labbra.




Stefano Parenti



domenica 23 aprile 2006

Dal Forum


Poesie di...
iclhaf assela



Cime di rugiadaAntiche come le montagne sono gli sguardi
del sole che ride
davanti ai passagi che l'umanità
di corsa
ogni giorno affronta con il cuore in gola
e la spada in mano
per giocarsi il tempo che d'inverno e d'estate
va e viene con alterne fortune-

antichi come i sentieri in mezzo alla montagna
sono gli squarci di saggezza che l'uomo
dopo un violento temporale
si legge a tavola insieme alla propria famiglia
ed un amico
che la notte passata ha dormito dalla propria compagna
allietati dal silenzio del suono di un ruscello
che scorre tra le righe di un disco-

oggi le montagne sono come ieri
alte ghiacciate su in cima e sempre innevate a gennaio
ma a differenza di qualche millennio passato
di giorno c'è sempre aperto un ristorante
che offre cioccolata calda ed una grappa alpina
a chi riposa il suo corpo e la fatica
davanti al focolare perpetuo di questo chalet
adibito al commercio-

antiche come le montagne
sono le scarpe che le percorrono oramai
da quel lontano inverno quando nacque la luce
del sole
che ogni mattina ed ogni imbrunire
si ferma sereno sulle cime coperte di rugiada
che quasi sembrano essere un'austero campanile
che sovrasta il centro del paese.







[sottigliezze scritte di getto]
Il Dio che la notte
apre gli occhi per interrogare l'indolente
ricerca di un qualche fondamento
che fisicizzi la finitezza
dell'uomo che si crede Signore onnipotente
(grazie all'autoesaltazione del suo io)
arriva puntuale tutte le sere
che al calar dei pensieri
l'uomo si sofferma un istante
a riflettere cosa ha significato lo scorrere
velocemente profano del tempo
che lascia uno spazio ampio
di troppo
per tutti quei movimenti della mente
che non si radicano
in terra.


l'acqua un cerchio che si allarga
di getto
continuamente invogliata a girare su di se
come su se stessa corre veloce
lasciando alle spalle
la forza che la spinge ad andare in avanti
sempre eretta
e concentrica nei suoi pensieri
che si girano e si rigirano
si contorce e si avviluppa
ammalia l'affluenza dell'energia
che la sorrregge
e mai l'abbandona.
a costo di fermarsi un istante
per dissetarsi.








Frangenti dipinti (sospesi su tele che non hanno confini).

il buio del cielo notturno
di una fredda notte invernale che non smette mai
di essere profondamente nera
(sospesa tra la cima di una collina
e un vigneto in basso accanto alla strada)
lentamente si schiude con calma
lasciando allo scurire del giorno che arriva
sparse gocce di rugiada
che durante il passagio delle stelle
stavano dormendo
di gusto
con tatto.








Moltitudini a festa
(aspettando di contarsi attorno al tavolo della colazione). 
io sono io
tu sei tu dentro me
che diventiamo un noi
per essere io tu lui
e forse dopo lei
lei che attende noi
per decidere se insieme
siamo giusti o non bastiamo
a noi due e a loro tre.
io sono io
e questo lo sapete
tu che sei la grande
lui e lei che sono i piccoli
voi tutti che conoscete
chi sono io quando vi guardo
negli occhi
per contare attorno al tavolo
nostro della colazione
se siamo giusti o non bastiamo.








Non fa una virgola.
(come una rosa non fa primavera)

Un punto scritto alla fine
di un discorso
concluso
o semplicemente da riaprire
attesta solamente l'inizio
di un avvio
che daccapo recita la chiusura
letterale
di un concetto
che non ha ne un principio
ne un finale-

così scrivendo punto
noi convochiamo il pensiero successivo
all'ultimo che abbiamo scritto
con l'intento dichiarato
di continuare a punteggiare
ciò che era rimasto in sospeso
tra l'incedere reale
della volontà meno discreta
e la ferrea prosecuzione
della sua vitalità.








Manifesto dell'ignorante innominabile
(io e la mia persona).

Scrivere una poesia
senza sapere la metrica
la rima
o la prassi con cui scriverla
potrebbe essere denigratorio
come scrivere di narrativa
senza aver letto perlomeno
Dante il Manzoni o Petrarca-

scusatemi sommi poeti
a voi e a tutti gli scrittori
seri
che di questa passione ne fanno un arte
salvifica
vi chiedo perdono-

ma non deridete quelli
che come me
scrivono a ruota libera
senza avervi mai letto
come si deve
e come si deve
non riusciranno sicuramente
a esprimere niente
in forma di prosa-

non giudicate ignoranza
la sensibilità che spinge una persona
di bassa cultura come la mia
a prendere carta e penna
e con l'inchiostro
dare libera via ai pensieri
sparsi da raccogliere
che raccontano comunque sprazzi di vita
piacevolmente bisognosi
di esprimersi in versi
assenti di licenze poetiche-

al mondo serio di chi scrive
con rigore di poeta
chiedo umilmente il permesso
di farne parte secondo la mia natura
imperfetta
di chi ama semplicemente sporcare
la carta
con sottigliezze scritte di getto.



 iclhaf assela

sabato 25 marzo 2006

Dal Forum


Poesie di...
Roberto Demontis




L’inizio della ricerca

Candido cielo notturno d’estate,
qua e là da un lenzuolo di nubi
pezzato su cui giacciono angioli
gaudenti alla frescura notturna,
poveri angioli, dai cui occhi
stillano stelle, or rischiarando te
su cui timida riluce la luna.

Come posso trovar lieve pace
Io, che hai condannato al dolore
In Terra senza risparmiar lagrime,
se neppur agli angioli concerne solo il riso?

Come piovon stelle dal candido ciel
Vien latente il pianto dagli occhi
Nelle solitarie notti d’estate.
Quale caro conforto al dolore?
Quale eterno sollievo celeste?
Male diffuso il cosmo pervade
In ogni dove e in ogni tempo.

E perché con ulteriore condanna
Aggravi la pena? Con l’illusione
D’una pace serena dopo la morte
Nella vana ricerca d’un vago bene supremo?

L’uomo che pria viveva d’amore
E guerra, poscia, represso l’animo,
represso il corpo, latebra erra
cercando, e cieco, alcun trovando
in Terra, al ciel rivolge il guardo
ponendo sollievo celeste d’uman
miseria dopo l’inutil morte.

Ma nell’incoscio ascoso s’annida
Istinto, il quale, vital passione
Nutrendo e forgiando tema mortal,
tempra possente volontà di vita,
giacché, se il soffrir all’uomo solo
concerne, apprezza brevi istanti
chè la vita merta.

Ed è come una meschin ciurmaglia
Che tra i flutti burrascosi vaga
E latitante fugge il periglio,
finché, gettata l’ancora, gettata
ogni speme, un’isola l’accoglie,
lì, fatal presagio, trova per caso
un premio ch’era follia sperar.

Così l’uomo erra anelante in ciel
Dolce riscatto, non scorgendo porto
Non scorgendo spiaggia in cui sostare.
Ma quanti anfratti ascosi vita
Riserva, ed ella dolce appare
A chi v’approda.


____________________________
L’ambiguità dell’Amore

Alor che la leggera brezza cullante
Cangia rapida a burrascoso vento
Né a giolito convien restare errante,
alor non ha senso cosmico tormento.

Alla riva sì ratto s’appressa l’amante
Trascurando la meta, che in pavento
Più non vede comune teda brillante
E teme’n minace dromo pentimento.

Così l’edace drudo, il cui amore
Non può certo soggiacere a oggetto
Ma’n eterno castigo dimora’l core

A perire tra i flutti costretto
A perire in atroce dolore
Non raggiunge la costa e muore


___________________________
La passione

Alor che incrocia guardo il guardo
E morde lenta il labbro rubente
Per ascosa passione impotente
Avvampo nell’intimo e ardo

Né temendo voce alcun detraente
Vicendevoli sorrisi attardo
Con un adone dal ceruleo sguardo
L’alcool inebriando la mente.

Così poscia in segreta alcova
Godo dei sublimi frutti violati
Che più perversa preservò natura

Imponendo uman morale nova
Sicché d’altri animal più famati
Fosse lor voluttà carnal più dura.



____________________________
La notte

Sì duro che’l dì risveglio attardo
È il diurno banale levarsi
Ad un tristo sol ch’eterno deride
Una monotona vita mendace

Sicché trascorro per calli follati
Un’esigua comune esistenza
In attesa di munifica notte.
Notte che ogni segreto custodi

Che romite fantasie soccorri
Cedendo un silenzioso conforto
Ch’adagia spirto a mondo bramato

Che dimora in effimero sogno
Che per Elio crudel tosto oblio
Lasciando’l vago ricordo d’un abbraccio


L’uno all’altro amanti
In reciproco appartenere
Amandosi completan
La vitale essenza

Che dicono amore
Per la qual cosa al sonno
Abbandonati divampa
Incessante eterno ardore,

che se si bilanciano la parti
cangia rapido a furore
a cagion del cui intime fibre

inarrestabil divorando
s’annienta all’essere
la capacità d’amare.


Roberto Demontis

venerdì 10 marzo 2006

Dal Forum


Poesie di...
Funambolo



Telefonata

Ascolto le tue parole
distratte…
ogni pensiero è una ferita
aperta
sul tuo distacco;
ogni istante si ferma
immobile
mentre aspetto con terrore
di incontrare due occhi
nuovi
nel vuoto dei tuoi silenzi
sempre
più
distanti.

_________________________
XXI Marzo

E’ la striscia di sole
che attraverso le persiane
disegna
il luminoso silenzio
del mattino.
E’ lo stupore dei platani,
ancora colorati d’inverno,
per questa incomprensibile gioia
che filtra
indiscreta
tra scuri rami
nudi.


_________________________
Fiore

Oggi non ho più niente
se non il tuo ricordo…
…limpida acqua
per le nostre speranze
recise.
Rosa



_______________________
…chiuso

stretto
come un nodo
attorno al nulla
della cenere
di ciò che ho bruciato.
La gioia è un ricordo
troppo fino
che sfugge nella clessidra
del pugno…


_______________________________
Funamboli

Abbiamo solo steso
un filo sottile
dove ogni nostro passo,
mosso sull’ abisso
tra sogni e paure,
possa avere
il limpido suono
perfetto
della gioia.


______________________________
Girasole

Trascinato ancora
dal tuo sole
irraggiungibile
in un giro
inconcludente,
mi abbandono
perso
e immobile alla notte.
Da questo buio
lontano,
sarà solo il mio sogno
felice
a poterti baciare...
...e a colorarmi ancora
domani
di gialla
testarda
inutile illusione.



____________________________
Sipario

Attraverso le tende leggere
di questa lontananza,
al soffio lieve
di qualche ricordo,
vedrai come vivo ora
senza te…
… di fronte ad una sera
che allunga l’ombra
alle mie spalle.


____________________________
Niente peggio

Almeno
in mezzo a questo mare
non sono
niente di peggio
che un semplice nulla…





Funambolo 
AKA Federico Giorio

giovedì 2 marzo 2006

Dal Forum

Poesie di...
YAMA


SERA, ACCOGLIENTE AMICA

Abbaglianti immagini di brillanti verdi
e caldi ocra di muri a secco,
di antichi profumi di fiori e di mare.

Son visioni di lontani orizzonti,
di rosso striati e spazzati dal vento.
Danze d’immagini, di suoni pregne.

Immagini, voci e canti vivaci
di una passata età che quale altra vita,
sull’oggi s’affaccia, mostrandone il ricordo.

Sensazioni che del vespro son l’annuncio,
e preludio della sera, accogliente amica,
dimora di baci e di carezze impertinenti.


__________________________________________
CONCHIGLIE

Come conchiglie
da risacca
sulla riva abbandonate
sono per te oggi
i miei pensieri.

Gusci vuoti
che di sbiancata
memoria hanno l’aspetto,
privi di vita
o d’alcun affetto.

Gusci che del colore
solo un ricordo vago
ancor trattengono
e del lucore di vita
neanche quello.

Gusci …
che di gioia di sguardi
furono esca,
e di colori e sorrisi arditi
furono l’incanto;

che con profumo
di mare e di vita
ressero di passione
il confronto,
e d’amore furono vanto.

Oggi quei gusci,
insolati e asciutti,
vaghi e sbiancati,
del dolce sentire
più non sono dimora,

ma casa e orpello
di affamate mosche
che lezzo attrae
come funesto boccone
di amaro rimpianto.


___________________________________
LE OCCASIONI PERDUTE

Amor mio dolce
sogno il tuo volto,
sogno ciò che m’è stato tolto
e sogno la tua voce.

Penso a quel che non sarà
a quel che il tuo sguardo prometteva
per rompere della vita la discesa,
ma che ormai più non verrà.

Dal mondo tanto ho avuto
che pur pensando alla rinuncia,
pur nell’oblio che s’annuncia,
lasciare non ho potuto.

Mi spiace solo che per compenso
non esista un intermedio sentire
che per l’umano gioire,
appaghi almeno un senso.



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LA PANCHINA SUL LAGO

La panchina sul lago
sotto al tiglio
quello con la corteccia incisa di fresco
da giovani cuori.
Un vecchio
si chiede se è cataratta
o foschia ad offuscare la vista
del vapore delle 16:00
che candido lascia la sua scia
come cigno gigante
sulle acque piatte.

Le dita nodose cercano
il pane vecchio
nella tasca slabbrata della giacca
mentre intorno si fanno le oche
come ogni sera
per le solite quattro chiacchiere.
“Vi ricordate di Anna – chiede –
quando qui passeggiava sul lungo lago
col suo vestito bianco come la neve
e la treccia nera sulla spalla?”

Gli occhi alza al cielo
verso quelle nubi pesanti, grevi
come gli anni trascorsi nella solitudine.
Annusa l’aria, ma ancora è presto
per avvertire l’odore dell’inverno

quello vero

perché il suo è ormai quasi finito.

“Anna, amore mio,
quanto tempo ci separa ancora?”



YAMA
Le poesie di Yama sono pubblicate sul nostro forum al link:http://amicipoesia.mondoweb.net/viewtopic.php?f=2&t=38