domenica 24 marzo 2013

Che cos'è la poesia

"What is poetry?"
di Lawrence Ferlinghetti (nel giorno del suo compleanno)

Is it the voice, of the Fourth person Singular
E' LA VOCE della 4 persona singolare
Is it the voice, within the voice of the turtle
è la voce, dentro alla voce della tartaruga
Is it the face, Behind the face of the race
è la faccia, dietro la faccia della razza
Poetry is made of night though
LA poesia è fatta di pensieri notturni
If it can tear it self away from illusion
Se può strapparsi via dall'illusione
It wil not be disowned, Before the done
non sarà ripudiata, prima dell'alba
Poetry is made by evaporating
La poesia è fatta evaporando
The liquid laughter of youth
La risata liquida della giovinezza
Poetry is a book of light at night
La poesia è un libro di luce di notte
Dispersing clouds of unknowing
che diffonde nuvole di non sapere
It hears the whisper of Elephants
sente il sussuro degli elefanti
And seas how many angels dance On the head of a pin
e guarda quanti angeli danzano sulla testa di uno spillo
And how many angels and devils dance on the head of a phallus
E quanti angeli e diavoli danzano sulla pinta di un fallo
It is a humming a keening
è un ronzio, un lamento
A laughing a sighing at dawn
una risata un singhiozzo all'alba
A wild soft laughter
e una morbida risata selvaggia
It is the final gestalt of the immagination
è la gestalt finale
Poetry should be emotion
La poesia dovrebbe essere emozione
Recollected in emotion
Ricordata ..nell'emozione

http://it.wikipedia.org/wiki/Lawrence_Ferlinghetti

giovedì 21 marzo 2013

La poesia 2.0 in cerca di pubblico

Oggi si celebra la giornata di chi compone versi. Ma cosa significa farlo al tempo dei social network?
mario baudino
, LaStampa (21.03.2013)
 
Un festival letterario decide di lanciare un censimento dei poeti italiani fra i 20 e i 40 anni. Ma per farlo deve prima rispondere a una domanda: che cosa si intende per poeta, quando complice il web i versi sono dovunque e, come ci fa osservare l’editore Nicola Crocetti, se si digita la parola «poesia» le segnalazioni possono essere 108 milioni su Yahoo e 72 milioni su Google? Bisogna scegliere. Quelli di Pordenolegge hanno così stabilito un criterio in apparenza complicato, basato su una specie di catena di Sant’Antonio: sono partiti da una ventina di giovani poeti ben riconoscibili, chiedendo di indicarne altri e via via arrivando per incroci ai primi 284 autori. 

Hanno dovuto stabilire anche i requisiti editoriali di base: dovevano essere autori pubblicati in volume, raccolte, antologie, riviste di carta o digitali, ma garantiti e mediati da un curatore. Niente fai te, dal self publishing a Facebook, alle poesie inviate autonomamente a siti letterari. Un meccanismo un po’ complicato. «Ma anche semplice - replica l’ideatore, il poeta Gian Mario Villalta - perché in fondo è basato sul passaparola. L’esistenza di un mediatore serve anche per garantire un minimo di comunità». Perché nel web, dove sembrerebbe dominare il principio che uno vale uno, il risultato è spesso che tutto vale zero. «Il web crea dei tunnel dove alcuni parlano fra loro, e credono di parlare al mondo». Con i suoi numeri inimmaginabili, forse sta cambiando la poesia. E nello stesso tempo, funziona come una gigantesca macchina di scrittura. 

Un poeta molto noto come Giuseppe Conte ci invita a un piccolo esperimento: scrivere nella striscia di ricerca di Google il titolo di un suo breve componimento, Energia mutabile. Il risultato è impressionate, perchè il testo (molto bello: «L’amore vero, tu lo sai, è volere/la gioia di chi non ci appartiene/è questo uscire, traboccare//da se stessi come il sangue dalle vene/ per un taglio, è l’irrinunciabile,/ amore energia mutabile eterno bene») rimbalza da una quantità di pagine e siti i più imprevedibili, letterari e non, persino vagamente pubblicitari. «A volte anche trascritta male, ma che importa? - dice Conte -. La poesia viaggia in rete in modo imprevedibile». Il nemico non è certo il web, semmai un clima culturale, «che de determina - sono ancora parole di Conte - la perdita di senso politico-sociale. Se poesia è una piccola esternazione personale, tutti sono poeti. Ma se lavora dentro il linguaggio nel senso dell’utopia, della liberazione, della ribellione, dei grandi sogni, ecco, diventa rarissima. Perché viene messa da parte, condannata all’irrilevanza? Rispondo che questo è un problema della società, non dei poeti». 

In piena età romantica P. B. Shelley scriveva che «i poeti sono i non riconosciuti legislatori del mondo». Oggi non vale più? «La poesia è l’essenza della libertà, e dall’800, da Walt Whitman in poi, la vera essenza della democrazia. I poeti non possono fare solo i poeti». Il rischio è infatti quello di un «poetichese» di massa, a volte languido a volte rancoroso, quasi sempre banale. Moltiplicato per milioni di scritture. Se per Villalta l’abbondanza è illusoria («Quando torniamo a considerare quelli che lavorano seriamente, sono i numeri di sempre») per Conte la quantità non è di per sé una minaccia: «Chi vuole cercare la poesia, la trova». E Nicola Crocetti, che da decenni tiene viva con la sua piccola casa editrice e la rivista «Poesia» l’idea che un pubblico esista, ci fa osservare come, quando curò per il Corriere della sera una serie di libri di poesia in vendita col giornale, ebbe risultati straordinari. 

Racconta però anche una delle esperienze (ricorrenti) più dolorose. Alle fiere, per esempio a Torino, c’è sempre qualcuno che si ferma davanti al suo stand, esamina i libri, li posa e interrogato risponde: «Sì, scrivo, ma non leggo per non farmi influenzare». Sarà una vecchia cultura parrocchiale, che il web è destinato a spazzare via? Crocetti ci spera, Alfonso Berardinelli ne dubita. Il critico letterario che nel ‘75 legò il suo nome (con Franco Cordelli) a una celebre antologia, Il pubblico della poesia, ha un’ipotesi controcorrente: «Può sembrare un paradosso, ma da allora non è cambiato molto». Già si intuiva «l’enorme quantità dei poeti emergenti. Negli Anni Settata legati ai movimenti di massa, oggi alla locomotiva del web». Berardinelli è piuttosto duro: «I poeti teorizzano che l’essere fuori mercato li rende liberi. Penso il contrario: il mercato è anche pubblico, e un’arte senza pubblico inevitabilmente degenera. La mancanza di pubblico è più grave di una possibile “viltà” della critica, e il web forse ha peggiorato le cose». 

Non crede più alla poesia? «Non credo alla poesia come categoria, ma semmai nelle buone poesie. Per le quali ci vogliono talento, determinazione e studi». Lei ha scritto un libro dal titolo ironicamente e feroce: Non incoraggiate il romanzo. Vale anche per la poesia? «Non mi fraintenda, In Italia abbiamo ottimi poeti, anzi ottime poetesse, penso a Bianca Tarozzi o a Patrizia Valduga, a Patrizia Cavalli o a Anna Maria Carpi. Ma non bisogna dimenticare che nella prosa, dove c’è un pubblico, alla fin fine, se uno è cretino, si vede. Nella poesia no, eppure ce ne sono, e di prima forza».

venerdì 8 marzo 2013

io l8, non solo a marzo

QUANDO DIVENTAI UN FRUTTO

Femmina e maschio fui concepita all’ombra della luna
ma Adamo fu sacrificato alla mia nascita,
immolato ai mercenari della notte.
E per colmare il vuoto della mia altra essenza
mia madre mi ha lavato con acqua torbida
e mi ha portato sul pendio di ogni montagna
consegnandomi al rombo delle domande.
Mi ha consacrato all’Eva della vertigine
e mi ha impastato con il buio e la luce
perché fossi donna-centro e donna-lancia
gloriosa e trapassata
angelo dei piaceri senza nome.

Straniera crebbi e mai nessuno poté mietere il mio grano.
Ho disegnato la mia vita su una pagina bianca
mela che nessun albero ha partorito
poi l’ho ritagliata e ne sono uscita
una parte di me vestita in rosso e l’altra in bianco.
Non ero solo dentro o fuori del tempo
perché ho avuto origine nelle due foreste
e mi sono ricordata prima di nascere
di essere una moltitudine di corpi
di avere dormito a lungo
di avere vissuto a lungo
e quando sono diventata un frutto
seppi quel che mi attendeva.
Ho chiesto ai maghi di prendersi cura di me
allora mi hanno presa.
Ero
la mia risata
dolce.
La mia nudità
azzurra.
E il mio peccato
timido.
Mi libravo sulle ali di un uccello
e di notte diventavo un guanciale.
Rivestirono il mio corpo di talismani
e spalmarono il mio cuore con il miele della follia.
Custodirono i miei tesori e i ladri dei miei tesori
mi portarono silenzi e racconti
e mi prepararono a vivere senza radici.
Da quel momento sono in cammino.
Indosso una nuvola ogni notte e viaggio.
Solo io mi dico addio
e solo io mi accolgo.
Il desiderio è il mio cammino e la tempesta la mia bussola
in amore non getto l’ancora in nessun porto.
Di notte lascio gran parte di me stessa
poi mi ritrovo e mi abbraccio appassionatamente al ritorno.
Gemella del flusso e del riflusso
dell’onda e della sabbia
dell’astinenza della luna e dei suoi vizi
dell’amore
e della morte dell’amore.
Di giorno
la mia risata appartiene agli altri, ma la mia cena segreta
mi appartiene.
Chi comprende il mio ritmo mi conosce
mi segue
ma mai mi raggiunge.
Joumana Haddad,
Non ho peccato abbastanza (Mondadori 2007)