martedì 26 novembre 2013

Un libro da leggere e far leggere

tavoli


                                      HAIBÙN DEL PRIMO VIAGGIO A PARIGI


accentazione ortoèpica lineare a cura di
Piètro Tartamèlla e Fiorènza Alineri


Una compagnìa di danza-teatro di Torino formata da ragazzi disàbili e nòrmodotàti è invitata a partecipare a Handi-Scène, una rassegna di teatro che si svòlge ogni anno, nel mese di giugno, in una cittadina del nòrd della Francia.
Gli attori, 21 persone in tutto, affìttano un pullman, e i personaggi sàltano fuòri…


E' USCITO IL LIBRO

QUATTRO TÀVOLI A TÈSTA

edizioni:          Gióvane Holden Edizioni
collana:           Cascina Macondo
pagg:               256
formato:         cm 12,5 x 20
particolarità:   accentazione ortoèpica lineare
autore:           Piètro Tartamèlla e i ragazzi del gruppo integrato
                      di danzateatro VIAGGI FUÒRI DAI PARAGGI
ISBN:              978-88-97773-13-9
còsto:            15 èuro + spese di spedizione
                      (che, come al sòlito, sono a sostegno delle
                      attività istituzionali di Cascina Macondo)
avvertènza 1:    prenòta le tùe còpie per Natale, è un bellìssimo regalo!
avvertènza 2:    se prenòti 10 còpie, una còpia in omaggio



 contributo per spese di spedizione
- èuro 5    per plico contenènte da  1 a 5 còpie, per l'Italia   -- èuro 11 per l'Èstero
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Q U A T T R O   T À V O L I   A   T È S T A


prefazione

L’Haibùn è un gènere letterario di orìgine giapponese. È il resoconto di un viaggio in cùi si altèrnano parti in pròsa e poesìe haikù. È stato usato dagli Haijin (scrittori di haikù) giapponesi che a pièdi percórsero in lungo e in largo il loro paese nel diciassettèsimo sècolo.
Noi il viaggio a Parigi lo abbiamo fatto in pullman. Ma considerando la particolare caratterìstica dell’equipaggio (variegato assortimento di persone nòrmodotàte e disàbili lièvi che si muòvono con ritmi davvero lènti e tranquilli) possiamo, per estensione semàntica, considerare il nòstro viaggio a Parigi, comprensivo delle brèvi passeggiate, della vìsita alla Règgia di Versailles e al Parco di Les Mureaux, come un viaggio a pièdi! Abbiamo scelto di raccontarlo con un Haibùn, anche perché i protagonisti conoscévano già l’esistènza dell’haikù, appreso negli incontri domenicali a Cascina Macondo che si susséguono ormài da molti anni.
Queste pàgine volévano avere soprattutto un valore “intèrno”. Ci è piaciuto scrìverle per offrire ai ragazzi una memòria ulteriore, ma soprattutto perché la nòstra vita, come dice Peter Bichsel,  “divènta sensata se ce la possiamo raccontare”.
Alla partènza abbiamo dato a tutti un blòck-nòtes con l’invito a scrìvere osservazioni, riflessioni, pròsa, haikù. Un mòdo per “fissare” sulla pàgina l’esperiènza. Un esercizio di scrittura che è sèmpre ùtile.
Ci ha meravigliato come i ragazzi àbbiano accòlto questo cómpito e hanno scritto. L’esperiènza del viaggio sarèbbe stata pòi ripresa. A distanza di tèmpo, intorno al camino di Cascina Macondo, i ragazzi avrèbbero lètto ad alta voce le loro annotazioni. Avremmo costruìto un libro fotocopiato, piegato i fògli, pinzato le pàgine, rifilato i bordi con la taglierina. Attravèrso esperiènze multisensoriali rivisitare il viaggio insomma. All’inizio il libro èra formato da una dozzina di pàgine. Pòi affiorava un altro ricòrdo che ritenevamo significativo, e pòi un altro ancora, e il libro cresceva, e man mano che rileggevamo altri ricòrdi degni di nòta affioràvano, e li aggiungevamo, e il libro, ad ogni rilettura cresceva cresceva di pàgine sino a diventare un libro vero. E ora che è finito e lo teniamo in mano, oggètto concrèto che raccòglie come in un romanzo i mille dettagli vissuti, ci sembra di capire che esso travàlica la sémplice utilità “intèrna” che avevamo supposto. Lo consigliamo dunque agli educatori, ai genitori, agli operatori del settore, alle istituzioni, agli spònsor, ai viaggiatori, agli haijin e, naturalmente, ai ragazzi disàbili che sanno lèggere, affinché pòssano ritrovarsi e ricavarne coraggio.
Soprattutto lo consigliamo a coloro che mai hanno avuto mòdo di conóscere e frequentare la disabilità. Potrèbbe èssere per loro una sorpresa la scopèrta di un lèmbo di mondo che non supponévano.
Che siamo affezionati a questi ragazzi è la verità.
È fàcile però affezionarsi a ragazzi così dopo averli conosciuti.
Che anche i ragazzi ci vògliono bène è la verità. Ma il nòstro lavorare con loro non ha come scòpo l’affettività. I nòstri obiettivi sono la stima e l’integrazione. I ragazzi lo sanno. Per questo sono sottoposti a un lavoro intènso, a continue sollecitazioni e stìmoli, affinché un qualsìasi risultato che essi pòssano raggiùngere, pìccolo o grande, sìa la conseguènza di un loro vero sfòrzo consapévole, di una loro “volontà”, della scopèrta di un loro talènto recòndito.

Abbiamo riportato il più fedelmente possìbile ciò che i ragazzi hanno scritto di primo pugno (non hanno avuto mòdo di risistemare i loro appunti). Là dove qualche paròla o frase risultava incomprensibile  abbiamo messo fra dùe parèntesi una  “traduzione”.  Lo scòpo è mostrare il loro mondo così com’è.
Non tutti gli haikù sono perfètti. Non impòrta. Il fatto è che i ragazzi, anche se in mòdo non del tutto chiaro e consapévole, hanno compreso la “natura” dell’haikù.
Nella stesura abbiamo usato la scrittura ortoèpica lineare, ispiràndoci a un principio di recublènza di Cascina Macondo. Ci è sembrato opportuno e coerènte inserire l’accentazione ortoèpica anche nei tèsti scritti dai ragazzi.

Piètro Tartamèlla

Annamarìa Verrastro


dal capìtolo  IL TÈMPO CAPOVÒLTO

..... L’eccitazione serpeggia fra i sedili. Pur essèndosi alzati prestìssimo i ragazzi sono tutti bèn svegli. Si gùstano il momento della partènza. I dùe autisti chiàcchierano tra loro. Sta guidando Diègo, il più gióvane, omone alto, dimensioni robuste e ingombranti, chiacchierone instancàbile. Il fluìre del sùo fiùme di paròle sùpera quasi quello del nòstro Dàvide.
Diègo è l’autista di suppòrto. Guiderà sino alla stazione fèrroviària di Lione dove prenderà il trèno per ritornare a Torino. Da Lione sino a Les Mureaux guiderà Claudio. Anche per il ritorno ci sarà uno scambio di autista alla stazione di Lione. Il regolamento prevede che un autista può guidare al màssimo per 9 ore, ma ogni 4 ore dève fare una pausa obbligatòria di un’ora. Dève timbrare il sùo cartellino in una macchinetta, una sòrta di “scàtola nera” che registra ogni mòssa ed ogni orario.
Claudio, l’autista più anziano, brizzolato, seduto sul sedile di fianco all’ingrèsso, dà còrda alle chiàcchiere di Diègo. Pàrlano dei loro viaggi con gruppi di giapponesi e cinesi portati in giro col pullman. Dàvide per qualche secondo rèsta in silènzio, incredibilmente in silènzio, ad ascoltare le loro paròle. Pòi riprènde a parlarmi addòsso, a ruòta lìbera, parla di tutto, ma tiène un orecchio visibilmente teso ai discorsi degli autisti. A brève troverà il mòdo di inserirsi.


neri centauri
sfrécciano sulla strada
in lunga fila


Piètro


Qualcuno piange e singhiozza. È Danièle. Ha nostalgìa della sùa ragazza lasciata a Torino. Ci mostra la fòto che si macchia di làcrime.
Anche altri hanno làcrime. È la prima vòlta che fanno un viaggio così. La prima vòlta che pàrtono per rappresentare il loro spettàcolo di teatro-danza in un grande teatro di Les Mureaux vicino a Parigi! Le làcrime divèntano contagiose. Qualcuno pròva nostalgìa dei genitori, qualcuno è sopraffatto dalle pròprie paùre. Fabrizio più vòlte si rassicura sul tèmpo, chiède se piòve a Parigi, se i fiumi sono gròssi, se c’è perìcolo di inondazioni, se possiamo stare tranquilli insomma. Comunque, lùi, l’ombrèllo l’ha portato.
Sono dùe mesi che piòve a Torino. Il fiume Pò e la Dòra si èrano ingrossati e avévano raggiunto livèlli di guardia nei giorni passati. La gènte sotto l’ombrèllo o in bicicletta appoggiata ai muricciòli si fermava a guardare la furia dei tronchi d’àlbero che rotolàvano nella corrènte. I vìgili avévano chiuso alcuni ponti per sicurezza, e la televisione aveva fatto vedere quanto èra salita l’acqua ai Murazzi. Fabrizio aveva in mente quelle immàgini. Tutta quell’acqua lo spaventava.
Anche Francesca ha le làcrime. Candidamente confèssa: “Mi dispiace lasciare Parigi”. Anche Linda è triste di dovér lasciare Nicòle e Jean-Luc e di dovér ritornare a Torino.
Scopriamo che sono in molti a piàngere per questo motivo.
Siamo appena partiti e già sono tristi di lasciare Parigi!
Così come all’improvviso fanno balzi nel futuro o si fìssano su idèe, paròle, ricòrdi, altrettanto all’improvviso hanno la capacità di distaccàrsene e dimenticare.


Hò notato che il viaggio èra un pò’ lungo.
Hò trovato che la sensazione vera
èra che i nòstri autisti èrano simpàtici.
Le mìe vibrazioni all’inizio èrano diffìcili,
perché avevo paùra di non riuscire a fare lo spettàcolo.
Una còsa che hò notato èra che le strade di Parigi
èrano molto trafficate. Il tèmpo èra brutto,
ma pòi è diventato bèllo.


Dàvide


Abbiamo superato la valle di Susa. Il pullman si inèrpica sulle curve delle montagne. È ormài giorno. Le chiàcchiere si affievolìscono. Gli òcchi si chiùdono lèntaménte. Solo la voce degli autisti e quella di Dàvide rèstano. Di sottofondo. Dai sedili posteriori giunge cadenzato e costante il pìccolo rotolìo dei dadi bianchi con cùi Pàola e Luca si sono messi a giocare, lanciàndoli ora una, ora l’altro, sul ripiano di plàstica delle bìbite tirato giù da diètro il sedile che sta davanti a loro. Le orecchie più vicine ai dadi sono quelle di Marusca e Grazia appisolate. Il colore bianco dei dadi sembra entrare e uscire dalle fessure semiapèrte delle loro bocche che dòrmono. Piòve. Nella tèsta di ciascuno solo pensièri e ricòrdi. Chi ancora non si è abbandonato al sonno guarda silènziosaménte il paesaggio.


còppia di pàsseri
ci scòrta un brève tratto
in autostrada


Piètro



se alla cerchia dei tuòi amici
vuòi far conóscere un pòco il mondo della disabilità
prenòta le tùe còpie di “Quattro tàvoli a tèsta”

info@cascinamacondo.com

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